IL SALONE VARCA I CONFINI NAZIONALI

Lo scorso agosto è stato sottoscritto un accordo di partnership con la Commissione Europea attraverso la sua rappresentanza in Italia. Questa è certamente una delle principali novità della 14° . Un Salone della Giustizia 2023 che si preannuncia particolarmente impegnativo, che vedrà la presenza del Presidente del Senato, di undici Ministri e dei vertici dell’avvocatura, della  magistratura e delle forze dell’ordine, oltre naturalmente ai leader dei partiti dell’opposizione. Sei Commissari Europei saranno coinvolti da Bruxelles attraverso video messaggi su alcuni degli argomenti che verranno trattati nel corso delle tre giornate dei lavori. Per quanto riguarda la stretta attualità sono stati invitati l’Ambasciatore ucraino, che ha già confermato la sua presenza, l’Ambasciatore degli Stati Uniti d’America e l’Ambasciatore dello Stato di Israele.

Come sempre avremo il piacere di ospitare le tre postazioni in diretta di Rainews 24, di Sky Tg24 e Tgcom 24 oltre ai giornalisti di tutte le principali agenzie di stampa  nazionali. Da quest’anno inoltre anche il  Gruppo Sole 24 ore diventa media partner del Salone.

Il Salone della Giustizia potrà essere seguito in diretta sul canale 823 della piattaforma Sky e sul canale 55 di TVsat, in streaming sui portali Ansa, ADN Kronos, Lapresse,  Tgcom 24,  sul nostro sito salonegiustizia.it e sulla nostra testata giornalistica ius101.it. Come ogni anno Radio Radicale seguirà tutti gli incontri.

25 OTTOBRE 2022

La tredicesima edizione del Salone della Giustizia si è aperta con l’intervento del presidente della Corte Costituzionale Silvana Sciarra, che ha voluto subito ringraziare per “il privilegio e l’opportunità” di poter illustrare come la Consulta sia “un soggetto in movimento, capace di rinnovare e rinnovarsi”, non restando chiusa nel palazzo ma aprendosi alla società civile.

Di qui il processo telematico, la pubblicità delle udienze, i giudici che interloquiscono con gli avvocati, la possibilità di allargare il perimetro degli argomenti.

Ecco allora l’attenzione ai diritti delle associazioni di volontariato e solidarietà, sempre nell’equilibrio e nel rispetto delle scelte compiute con ragionevolezza dal legislatore. Spesa e risparmio, diritti sociali, rispetto delle libertà personali, parità di genere, incisività nei giudizi riguardanti i minori: “Ma sempre puntando a una giustizia che sia rapida nei suoi esiti”, ha detto. “Le aspettative vanno accolte e vagliate perché dobbiamo prevenire ogni intralcio alle libertà costituzionali”.

 

 

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Equilibrio del giudice, maggiore attenzione alle garanzie, investimenti strutturali e in risorse umane.

E ancora, un maggior raccordo fra mondo accademico e delle professioni giuridiche. Sono questi alcuni degli argomenti emersi durante l’incontro. I relatori sono stati Pietro Curzio, presidente Corte Suprema di Cassazione; Tommaso Miele, presidente aggiunto della Corte dei Conti; Maria Masi, presidente Consiglio Nazionale Forense; Luciano Violante, presidente della Fondazione Leonardo; Guido Alpa, presidente emerito del Consiglio Nazionale Forense; Romano Vaccarella, ordinario di Diritto Processuale Università Sapienza di Roma. Il dibattito è stato moderato da Paolo Liguori, direttore TGCOM 24.

 

Curzio ha ricordato che “servono risorse finanziarie e umane per fare buona giustizia”. Nonostante le nuove assunzioni in alcuni settori, “mancano ancora i giudici”. Poi ha ricordato che il 40% dei giudizi civili è per cause tributarie e c’è una proposta di estinguere le cause con bassi importi o in cui è impossibile incassare. Occorre, ha aggiunto, “concentrarsi sulle cause importanti che riguardino le grandi evasioni”. A ogni modo, servirebbe anche un “filtro amministrativo” per le cause civili, per far sì che la pubblica amministrazione (quasi sempre parte in causa) possa risolvere i contenziosi senza andare in giudizio.

 

Secondo Miele, “non ci possiamo permettere di abbassare la guardia davanti alle risorse del Pnrr”. “Noi magistrati – ha sottolineato – dobbiamo amministrare la giustizia con equilibrio e assistere le amministrazioni pubbliche a tenere i conti in ordine”. Inoltre, occorre “superare una stagione in cui il giustizialismo ha messo in ombra le garanzie”. Significa quindi “recuperare la cultura delle garanzie che forse si è persa”. Insomma, “la funzione non deve mai diventare potere” così come dal legislatore “serve un grosso sforzo per la qualità delle regole”.

 

Violante ha osservato che, per quanto riguarda il processo digitale, “le strutture non sono pronte. Servono investimenti”. Ma bisogna fare un passo in più nel campo della formazione: “Serve un miglior rapporto fra università e avvocatura. L’assenza di relazioni porta a queste difficoltà”. Violante non ha poi risparmiato una stoccata ai mass media relativamente alla presunzione di innocenza: “I mezzi di informazione rispettino le persone”. In un tale contesto, “sarebbe anche più facile per il magistrato e l’avvocato fare il loro mestiere”.

 

Per Masi, il tema deve essere affrontato a tutto campo: “Confidiamo che si alimenti un approccio culturale diverso che investa tutti gli operatori”.

Ad esempio, “una formazione di qualità si traduce in competenza. Speriamo che ci sia un forte investimento non autoreferenziale per attuare un equilibrio di funzione e non di potere”.

 

 

Da parte sua Vaccarella, dopo aver attaccato il “sistema di porte girevoli” in magistratura, ha detto che le impugnazioni sono “un lusso che non possiamo sempre permetterci”. Poi ha ricordato che “le decisioni della Corte Costituzionale non possono essere contestate, e a volte non è possibile nemmeno che lo facciano le Corti internazionali”.

 

 

 

Alpa ha sottolineato che i rapporti della Banca mondiale degli investimenti (“sempre critica verso l’Italia”) scoraggiano “gli investitori stranieri dall’investire in Italia”. “Il fatto che la giustizia sia malata pesa sull’immagine del nostro paese. L’Italia non lo merita”. Quanto al Parlamento, secondo Alpa, “approva leggi scritte male, con conflitti di interpretazione. La Cassazione coordina correttamente l’interpretazione ma a volte ha orientamenti oscillanti”. Quanto alla formazione, “c’è ancora divaricazione fra preparazione teorica e aspetti pratici”. Ad ogni modo, ha concluso, “questa riforma è solo un inizio. Ci sono carenze strutturali, organizzative, nella strumentazione. L’equilibrio è essenziale non solo da parte del giudice ma anche da parte dell’avvocato. Problemi in moltiplicazione delle cause, più che nella loro durata”.

 

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Il secondo dibattito ha avuto momenti televisivi scoppiettanti. È stato Alessandro Sallusti, direttore di Libero, a innescare la miccia: “L’editore di Repubblica fu arrestato, altri si suicidarono o barattarono la libertà. E capirono che Tangentopoli funzionava, si vendevano più copie, si ottenevano salvacondotti facendo da grancassa all’attività degli inquirenti. Mani pulite divenne una bandiera. Anche per noi giornalisti fu un trampolino di lancio quando le principali testate saldarono come un patto con la Procura di Milano. L’avviso di garanzia a Berlusconi ci arrivò al Corriere in fotocopia…”

Immediato il risentimento di Gherardo Colombo, uno dei pubblici ministeri del tempo, collegato da remoto: “Scusi Sallusti, chi vi dette la notizia? Dica chi avrebbe spedito la fotocopia dell’invito a comparire (l’avviso di garanzia è ben altra cosa). Perché la Procura non è una persona, Gliel’ho data io? Gliel’ha data Davigo? O Borrelli?”.

Sallusti: “Ma la cosa grave non fu tanto che ci pervenne in fotocopia quel provvedimento. Fu che si decise di farla uscire proprio quel giorno, quando Berlusconi era sul palcoscenico del mondo! Se la fuga di notizie fosse avvenuta 48 ore dopo, non  cambiava nulla. Così provocò davvero un pesante danno di immagine al Paese!”

Colombo: “No guardi, sono io adesso a sentirmi in imbarazzo, queste affermazioni costituiscono un grave discredito. Se lei viene qui a dire certe cose, deve andare fino in fondo. Eravamo in cinque i sostituti procuratori: oltre al capo Borrelli e a quelli citati prima, c’erano anche D’Ambrosio, Greco e Di Pietro. Se la fuga della notizia come sta dicendo lei è della Procura, beh allora siamo cinque innocenti e una persona che ha tradito la fiducia di tutti!”
Sallusti: “Guardi che il giorno dopo aver pubblicato quella notizia giunta in fotocopia, venni avvisato per telefono che avrei avuto una perquisizione a mezzogiorno. Era chiaramente l’invito a comportarmi di conseguenza…”.

 

Il direttore del “Riformista” Piero Sansonetti, che seguì l’inchiesta di trent’anni fa, ha chiesto a Colombo se venne mai aperto un procedimento per quella indebita rivelazione. L’ex magistrato ha ribattuto che sarebbe spettato eventualmente alla Procura di Brescia, competente se l’ipotesi fosse che a spedire la fotocopia al Corriere fosse stato un magistrato.

Sansonetti: “Ho capito, si perseguono certi crimini, non sempre tutti…Ma la delega data alla magistratura milanese risaliva agli anni ‘70 col terrorismo, quando per combattere la lotta armata (in cui la stessa magistratura aveva avuto le sue vittime) i pubblici ministeri stipularono come un patto di alleanza con il giornalismo. E allo scoppio di Tangentopoli nacque il pool delle principali testate, ricordo che ci si telefonava alle 19 e si decideva assieme, sulla base di quello che era arrivato dalla Procura, su cosa mettere in prima pagina.

Nacque allora il processo mediatico che – ricordiamocelo bene – fu anche omissivo. Il senatore Pittelli fu rinchiuso un anno (un anno!) nel carcere pesantissimo di Bad’e Carros. Era innocente. Ma non andava scritto che la Procura aveva preso un’altra cantonata. La metà degli imputati di Tangentopoli è stata assolta…”
Colombo: “Evidentemente abbiamo visioni diverse. Gli assolti furono il 20%, un totale fisiologico nelle grandi inchieste. Oggi siamo in genere al 50. E comunque  ciò avvenne perché fu cambiata la legge sul falso in bilancio e ci furono così tante prescrizioni”.

Sansonetti: “Fu applicata una legge votata dal Parlamento, no? E comunque i condannati furono soltanto il 40 per cento degli inquisiti”.
È riuscito a smorzare i toni Gian Marco Chiocci, direttore ADNKronos, proponendo una cena di chiarimento tra Colombo e i giornalisti.

 

 

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La responsabilità civile per gli errori dei professionisti è stata al centro di una tavola rotonda moderata da Errico Novi, vicedirettore del quotidiano Il Dubbio. Sono intervenuti Giuseppe Lepore, avvocato, Stanislao Chimenti, avvocato; Paola Frati, ordinario di Medicina legale Università Sapienza di Roma; Massimo Pompili, professore capo dipartimento di Ingegneria all’Università Sapienza di Roma; Roberto Serrentino, professore straordinario di Diritto tributario Unipegaso; Stefano Bertollini, avvocato e consigliere Cnf. Secondo Frati, c’è un tema di “garanzia e qualità dei periti”, i quali sono “l’occhiale del giudice”.

Chimenti, da parte sua, ha evidenziato la mancanza di “interconnessione fra università e professione”.

Per Serrentino, bisogna “implementare l’osmosi fra parte tecnica del commercialista e la pubblica amministrazione”.

Sul Pnrr, Pompili ha segnalato le “difficoltà operative nel vademecum di attuazione” che potrebbero rallentare tutto l’iter. Secondo Bertollini, “serve un numero di magistrati” sufficiente affinché “possano dare le risposte” necessarie al sistema giudiziario civile. Da parte sua, Lepore ha ricordato che “la responsabilità del professionista avvocato non è equiparabile a quella del magistrato”.

 

 

 

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Gli interventi hanno spaziato dal controllo e repressione alle possibilità di sviluppo. Matteo Benozzo, professore di Diritto ambientale all’Università di Macerata, ha spiegato come da una disponibilità che sembrava quasi inesauribile si è passati all’attuale crisi energetica.

Una visione corta che ci ha fatto abbandonare lo sfruttamento dei nostri giacimenti del gas, privilegiando acquisti a basso prezzo. Il presidente dell’Enel Michele Crisostomo si è chiesto se sarà possibile raggiungere zero emissioni nel 2050: “Ebbene, questo risultato si può raggiungere.

Oggi abbiamo rinnovabili che possono essere capillari, flessibili, efficienti, soprattutto se associate ai sistemi di accumulo. La strada inevitabile è accelerare sulle rinnovabili. La crisi si era già manifestata anche prima della guerra russo-ucraina, già a novembre 2021 i prezzi del gas erano stellari. In caso di proposta UE di tetto ai prezzi, solo l’aspettativa può avere influenza sul prezzo del gas”.

Teo Luzi, comandante generale dei Carabinieri, ha illustrato il largo raggio di intervento dell’Arma. “Innanzi tutto, abbiano 5.400 caserme sparse sul territorio e cerchiamo in casa nostra di abbattere i consumi. In termini di sensibilità siamo tra i primi paesi nell’interesse del problema. Abbiamo un centro di eccellenza in materia ambientale e stiamo firmando un accordo con l’Onu per ospitarlo a Sabaudia. Ma il grosso dell’attività è nella difesa del territorio partendo dal principio che un ambiente deturpato non si ripristina. E poi nella repressione dei reati che in questo settore hanno un ventaglio di attività enormi: dal traffico dei certificati energetici ai parchi eolici controllati dalla mafia trapanese, dallo smaltimento dei rifiuti alle discariche abusive”.

L’ammiraglio Nicola Carlone, comandante delle Capitanerie di porto, ha delineato l’intera attività di controllo a difesa del mare: l’inquinamento dei trasporti marittimi in tema di anidride carbonica incide soltanto per il 2,4 per cento; il controllo nelle 54 città italiane che ospitano porti commerciali vengono a poco a poco standardizzati per raccordare le navi a fonti energie decarbonizzate; gli sversamenti in mare delle navi cisterna sono sotto controllo satellitare e non sfuggono più a ogni controllo; il nostro parco navi è tredicesimo al mondo e le capitanerie riescono a gestirne bene traffico ed emissioni.

Massimiliano Atelli, presidente di commissione VIA VAS del ministero della Transizione ecologica, ha confermato i buoni risultati conseguiti da un paio d’anni grazie alle misure del PNRR che hanno consentito di decuplicare la media tenuta nel decennio precedente sulla produzione energetica nazionale.

“Certo, rimangono conflitti e ricorsi; ma in molte situazioni, in cui sorgono contrasti tra le richieste del ministero dell’Ambiente e quello dei Beni culturali, è giusto che sia il Consiglio dei ministri a prendere la decisione finale, anche nell’interesse delle prossime generazioni”.

 

 

 

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Landini rivendica ruolo del sindacato: Governo sarà giudicato dai fatti
Il governo così come i ministri saranno giudicati su cosa faranno concretamente. E ancora, è necessario, da parte dell’esecutivo, coinvolgere il sindacato nelle decisioni sui temi sociali.

Il segretario generale della Cigl Maurizio Landini è un fiume in piena nel primo “Face to face” della tredicesima edizione del Salone della Giustizia. Rispondendo alle domande di Giuseppe De Bellis, direttore di SKY TG24, il numero uno della Cgil ha ribadito una serie di richieste da sempre cavallo di battaglia dei sindacati: il coinvolgimento nelle scelte di carattere sociale; la tassazione degli extraprofitti (“è fondamentale”, ha sottolineato); il cuneo fiscale per i lavoratori; cancellare la precarietà “assurda” che spinge migliaia di giovani ad andare all’estero (“Più che chiudere i porti, vanno chiusi gli aeroporti”, è stata la sua stoccata); il no ai contratti pirata; la necessità di un salario minimo.

“Noi – ha spiegato Landini – daremo giudizi su base concreta, su cosa verrà fatto. Avanzeremo proposte su ognuno dei temi trattati.

Al centro deve tornare la persona e il lavoro, dal momento che i disastri che stiamo vivendo sono frutto di anni in cui si è detto che era giusto lasciar fare al mercato”. Il segretario generale della Cgil ha ricordato un altro punto: “Ci sono 6 milioni di persone che pur lavorando sono poveri. Le imprese competono sulla riduzione dei costi con sistemi di subappalto. Va prodotto un cambiamento. Ad esempio, i soldi pubblici alle imprese dovrebbero essere condizionati dal tipo di contratto che fanno”. Infine Landini ha auspicato il rafforzamento dell’unità del sindacato e la costruzione di “un nuovo sindacato che non risponda a logiche di partito”. Il numero uno della Cgil si è poi detto contrario all’austerità: “Va fatta – ha spiegato – una battaglia per cambiare l’Europa, non per uscirne. Noi dobbiamo essere costruttori di pace”. Landini non vuole che si tolga o riduca il reddito di cittadinanza, perché “l’azione da fare è sugli extraprofitti. Ci sono intere zone del nostro paese – ha ricordato – dove non c’è lavoro”.

Poi ha ribadito che è necessaria la lotta all’evasione fiscale, ci sono “120 miliardi di euro non dichiarati. I lavoratori dipendenti e i pensionati – ha concluso – pagano le tasse fino all’ultimo e sono quelli che fanno fatica ad arrivare a fine mese”.

 

 

 

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26 OTTOBRE 2022

Giustizia, Rosato apre a una riforma condivisa: Necessaria responsabilizzazione

Individuare percorsi condivisi fra politica e magistratura per una riforma della giustizia. E ancora, un’apertura di credito nei riguardi del nuovo Guardasigilli Carlo Nordio, perché l’opposizione si misura dalla sua azione propositiva e migliorativa dei provvedimenti dell’esecutivo.

Ettore Rosato, presidente nazionale Italia Viva, ha tracciato la posizione del suo partito sui temi della giustizia in questa legislatura intervistato da Paolo Liguori, direttore TGCOM 24. L’occasione è stata quella del primo Face to face della seconda giornata del Salone della Giustizia. Il presidente di Italia Viva, che ha ribadito una linea garantista, ha espresso un “giudizio positivo” sulla riforma Cartabia. Quanto al Csm, nella riforma non ha trovato nulla che faccia la differenza. Rosato ha espresso fiducia in Nordio, al quale ha riconosciuto di avere una visione chiara sul punto chiave della presunzione di innocenza. A questo tema è collegato quello del ruolo dell’informazione: “C’è bisogno – ha spiegato – di autoregolamentazione da parte del mondo dell’informazione sui contenuti delle intercettazioni da pubblicare”.

Allo stesso modo, ha continuato citando Nordio, “il magistrato è responsabile delle intercettazioni pubblicate sui giornali. Una funzione ha sempre un elenco di responsabilità”. Il presidente di Italia Viva si è prima chiesto quando ci sia stata l’ultima condanna per una fuga di notizie, poi è arrivato l’affondo, in riferimento alle vicende dell’inchiesta Open (che ha coinvolto il suo partito): “Il danno alla reputazione politica di chi viene assolto perché il fatto non sussiste è irreparabile”.
Rosato ha teso la mano alla maggioranza sui temi della giustizia, ricordando inoltre che “i magistrati hanno bisogno di più strumenti e vogliono lavorare (in maggioranza) fuori dai riflettori”.

Allo stesso tempo, ha ammonito, “serve una riforma del Csm, con una valutazione vera dei magistrati”. Il punto fondamentale, ha continuato, è che “bisogna disarticolare il sistema di potere delle correnti nella magistratura. C’è molta più politica nel Csm che nel Parlamento, dove c’è più dialettica”. Il presidente di Italia Viva ha teso la mano anche alla magistratura (“occorre condivisione nella definizione di percorsi”) ma ha sottolineato che “molte intercettazioni vengono fatte a strascico. Ma sono vietate dalla legge”.

Per Rosato ci sono “procure che si specializzano in processi mediatici e poi non fanno altre indagini”, con la conseguenza che ci sono “vittime di processi che non si celebrano perché non mediatici”. Infine, ha ricordato il grande potere dei magistrati nella limitazione della libertà e la responsabilità di questo potere, condannando la pratica degli “arresti punitivi”.

 

 

 

 

 

 

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“Il tema della sicurezza economica è trasversale e sganciato da qualsiasi confine. Senza collaborazione tra paesi, tra pubblico e privato e anche tra singoli, non si va da nessuna parte”.

Nunzia Ciardi, vice direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, ha analizzato il problema partendo dalla convinzione che sia “il fattore umano l’anello debole della catena”. Negli ultimi vent’anni (Facebook nacque nel 2004) è cambiato il rapporto con la realtà, sono state stravolte le nostre vite di relazione, sentimentali, economiche. Una situazione impensabile nel secolo scorso che ci porta a confrontarci con i rischi connessi a tutto questo. “Basti pensare quali danni possono produrre gli attacchi cyber ai caselli stradali o alla sanità, ai centri di Pronto soccorso degli ospedali, a strutture che di colpo rischiano di bloccarsi mettendo a repentaglio le nostre esistenze. Occorre investire su professionalità maggiori se vogliamo contrastare questi rischi che guerra e pandemia hanno incrementato a dismisura”.

Il capo della Polizia Lamberto Giannini ha analizzato il problema anche dal punto di vista dell’ordine pubblico: le attuali difficoltà economiche fanno presagire manifestazioni di piazza che è sempre più difficile tenere sotto controllo “perché il dissenso è legittimo e la protesta va rispettata”. Ma occorre evitare infiltrazioni e turbative, come è accaduto a volte con i cortei no-vax che durante la pandemia venivano “convocati” attraverso internet e coinvolgevano decine di città in tutto il Paese. “Ora il conflitto in Ucraina – ha aggiunto Giannini – ci pone di fronte ad altre prospettive, il dissenso e la protesta possono essere originate dalle difficoltà economiche. E noi dobbiamo sempre tener presente il fattore umano e agire con oculatezza per impedire che venga innalzato il livello della protesta”. Protesta che riguarderà sicuramente costi e approvvigionamenti nel settore energetico.

Il direttore dell’Enel Nicola Lanzetta ha spiegato come la sicurezza degli impianti venga garantita, ma ha pure illustrato l’attuale situazione: “Non possiamo continuare con l’attuale struttura per l’energia – ha detto – perché i nostri fornitori di gas sono paesi per così dire ‘particolari’ e possono in autonomia decidere cosa fare e metterci in crisi”. Lanzetta ha quindi illustrato le cinque fonti coinvolte: 1) Sole, acqua e vento. Siamo il secondo paese dei 27 Stati europei che ricavano energie da questi settori. 2) Consumi gas da trasformare: il riscaldamento si può avere dalla elettricità, ricavabile però da fonti rinnovabili. Occorre puntare a ottenere più elettricità possibile con apposite fonti rinnovabili. 3) I fossili comunque resteranno per produrre energia, ma possiamo stoccarli nelle navi e poi immetterli nella rete.

Le navi metaniere il gas possono comprarlo ovunque e liberarci dalla dipendenza dai singoli paesi produttori che oggi ci condizionano. 4) Pannelli solari e relativa tecnologia. La Cina produce oggi il 75% di questi pannelli, dobbiamo fare in proprio. A Catania l’Enel prevede di implementare 15 volte questo tipo di produzione e la nostra fabbrica diventerà la prima in Europa. 5) Ci sarà un grande sviluppo di energia prodotta dalle batterie e noi siamo pronti a inserirci in questo pilastro energetico”.

 

Edward Llewellyn, ambasciatore del Regno Unito in Italia, ha confermato il livello di amicizia e alleanza esistente in Italia. “Sono arrivato a Roma il 25 febbraio, il giorno dopo l’invasione dell’Ucraina.

Ho potuto subito constatare come i nostri Paesi abbiano avuto in comune gli interventi di solidarietà stanziando aiuti, promuovendo sanzioni, inviando armi. Siamo ancora fianco a fianco, volendo, anche nelle vicissitudini politiche: ieri il nostro nuovo primo ministro ha incontrato il re, come il vostro presidente del Consiglio nello stesso giorno ha avuto l’approvazione del Parlamento”.

 

Luciano Carta, presidente di Leonardo, ha insistito sulla necessità di fare sistema per quanto riguarda la sicurezza economica, auspicando che ci sia una intelligence impegnata nella protezione e nel sostegno delle aziende strategiche italiane. La raccolta delle informazioni (anche nella lotta alla cyber criminalità) fa parte delle nostre grandi tradizioni: “I mercanti veneziani che giravano il mondo consentivano la crescita economica della città Serenissima anche con i loro rapporti ai Dogi. Le  informazioni vanno condivise se vogliamo una crescita della sicurezza economica. E questo concetto è un perimetro che racchiude i nostri gesti quotidiani, familiari e aziendali”.

 

 

 

 

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L’Italia è stata apripista nell’antiriciclaggio, ha portato avanti una legislazione tuttora studiata in altri paesi europei e sarebbe la sede ideale dell’Authority europea di settore. È quanto emerso dall’incontro tra Alessandra Perrazzelli, vice direttrice generale della Banca d’Italia; Claudio Clemente, direttore Unità Informazione Finanziaria per l’Italia; Giuseppe Arbore, generale a capo del III Reparto “Operazioni” del Comando generale della Guardia di Finanza; Maria Vittoria De Simone, procuratore aggiunto Direzione Nazionale Antimafia; Giulio Biino, presidente del Consiglio Nazionale del Notariato. In collegamento da Boston c’era Silvio Micali, fondatore di Algorand e professore al MIT di Boston. A moderare Giuseppe Brindisi, vice direttore VideoNews Mediaset.
Secondo Biino, dal momento che “abbiamo insegnato al mondo il metodo ‘follow the money’, siamo il luogo naturale per la sede di questa agenzia europea”. Biino ha rivendicato il risultato del comparto notarile contro il riciclaggio: “Oltre il 90% delle segnalazioni che arrivano dai professionisti sono proprio quelle dei notai. Noi ci sentiamo un presidio di legalità”. Da parte sua, invece, Clemente ha ricordato che quest’anno ci sono state 150 mila segnalazioni. “L’immissione di soldi pubblici durante la pandemia – ha sottolineato – ha attirato la criminalità. Vale lo stesso per il Pnrr”.
Questo dato è stato confermato da De Simone, che ha confermato come “la vigilanza debba essere massima, soprattutto nella gestione degli appalti, uno dei settori maggiormente esposti alle infiltrazioni”. Quanto alle criptovalute, sono strumenti che “per la loro intrinseca opacità si prestano al riciclaggio”. Da questo punto, con “un occhio globale”, è ripartita Perrazzelli, ribadendo che la Banca d’Italia “non vuole bloccare l’innovazione ma ci sono paletti molto chiari da rispettare”. Ha elencato una serie di criticità “dagli attacchi cyber ai default di sistema”, così come “la tutela della privacy e il tema della concentrazione di mercato. Abbiamo bisogno – ha spiegato – che i nostri ispettori diventino sempre più capaci di controllare i modelli”.
Secondo il generale Arbore “il sistema chiede ai soggetti privati di collaborare con le segnalazioni”. È un tipo di tecnologia “guidata dall’esperienza dell’uomo, che va continuamente maturata. Ogni segnalazione viene analizzata. Quello italiano – ha osservato l’ufficiale delle Fiamme gialle – è un sistema vincente, in Germania vogliono istituire una forza di polizia come la Gdf”. Per Micali, “riciclare denaro sulla Blockchain non è un atto scaltro”. Infatti, solo lo “0,05% di soldi sporchi vengono riciclati sulle blockchain. Il docente del MIT ha concluso che “la Blockchain può aiutare il sistema anche nella prevenzione, crittografando per esempio le offerte di un bando, senza essere mai alterate. E può così garantire l’incorruttibilità di tutto il processo d’appalto”.

“Faremo un’opposizione intransigente, implacabile. Rispetteremo gli impegni presi con i nostri elettori. Se il Pd vuole condividere le nostre battaglie, sa dove trovarci”. Giuseppe Conte, presidente del Movimento Cinque Stelle ha sostenuto per mezz’ora il fuoco di fila di domande che gli ha rivolto Alessia Lautone, direttore dell’agenzia La Presse. Vediamo in breve tutti gli argomenti.
Meloni. Dovendo delineare un piano programmatico che si presume possa durare cinque anni, ha evitato di parlare di pace o di una via di uscita da questo conflitto che sta incidendo così pesantemente nella nostra vita di tutti i giorni e che ci espone addirittura a un rischio nucleare. Silenzio assoluto su giovani, scuola, ricerca.

Poi ci sono quattro milioni 300 mila lavoratori con un contratto precario e “sapete quanto tempo a volte durano questi contratti? Ebbene, nel 13 per cento durano un giorno solo!”
Sanità. Non ci sono proposte sulla pandemia, soltanto l’insistenza sul numero dei morti eccessivo, senza considerare che la nostra aspettativa di vita è tra le più alte al mondo e che, purtroppo, i nostri anziani ci arrivano spesso molto malandati .

Reddito di cittadinanza. Sarebbe bastato chiedere ai presidenti delle 14 regioni amministrate dal centrodestra che se le cose non hanno funzionato sono dipese dalla loro decisione di non potenziare i centri per l’impiego.
Ucraina. Ferma condanna dell’aggressione, ma adesso basta fornire armi. Occorre un negoziato di pace “e al tavolo vogliamo sederci anche noi”.
Nordio. L’inalterabilità delle sentenze di primo piano è un ritorno al passato, far svanire un processo se dopo due anni di appello ancora non è finito, equivale a lasciare le vittime senza giustizia. Meglio investire nelle risorse e migliorare la macchina e il servizio.
CSM. La separazione delle carriere già esiste ed è rigorosamente limitata. Si possono rivedere i meccanismi e puntare poi alla composizione di un Consiglio che rispetti sempre autonomia dei giudici.

Contanti. Avevamo dimezzato il possesso a mille euro, decuplicarlo vuol dire tornare alle mazzette in nero, agli spalloni che portano di nascosto i soldi all’estero, all’economista sommersa. Stesso discorso sulla Flat, la maggioranza ragiona su tre proposte diverse e si è rimangiata la solita promessa elettorale di ridurre le tasse. Bisogna farle pagare di meno a tutti, recuperando i cento miliardi annuali dell’economia sommersa.

 

 

 

 

 

 

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La riforma della giustizia amministrativa e le tematiche dirimenti del settore in relazione al mercato sono stati al centro di questo dibattito. I relatori sono stati Marco Lipari, presidente di sezione del Consiglio di Stato; Aldo Mancurti, già Capo dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri; Cristina Lenoci, avvocato amministrativista; Giuseppe Lepore, avvocato; Isabella Stoppani, consigliere Consiglio Nazionale Forense. A moderare è stato Errico Novi, vicedirettore Il Dubbio. Lipari ha detto che “finora ci sono stati ottimi risultati da rito accelerato”, ma ha ammonito che la decisione veloce non deve sacrificare “la difesa delle parti”.

Da parte sua, Lenoci ha ricordato che il giudice è sempre al di sotto della legge, e che quello amministrativo è un magistrato che “diventa nevralgico per il mercato”. Secondo Stoppani l’impatto del settore amministrativo sull’economia non è solo quello sugli appalti. “Quasi qualunque attività economica – ha osservato – si imbatte nella PA”. Di conseguenza, ha aggiunto Mancurti, anche “i tempi della giustizia ordinaria scoraggiano gli investitori stranieri”.

“L’Europa – ha sottolineato – non accetta comportamenti ondivaghi”. Sono necessarie, sempre a suo avviso, “norme più chiare e una riforma sostanziale della PA”.

Secondo Lepore, poi, “il ricorso a riti accelerati nasconde problematiche. L’amministrazione pubblica – ha concluso – è congelata per paura di commettere errori”.

 

 

 

 


 

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Nell’ultimo convegno della seconda giornata si è parlato dello sviluppo del paese in riferimento al codice degli appalti. Quanto influisce questo codice nella definizione del rating? E fino a che punto gli investitori stranieri vengono allontanati dalla pecularietà molto italiana di complicare gli appalti?

 

Michele Corradino, presidente di sezione del Consiglio di Stato, ha riferito che il nuovo codice è stato riscritto non soltanto da tecnici e ingegneri ma anche da specialisti di settore, compreso un esponente della Crusca, per un linguaggio più comprensibile. “Quando entrerà in vigore ci saranno gli allegati per l’attuazione, con la facoltà governativa di poterli modificare. Il Codice è stato già  consegnato al governo. La scadenza per l’entrata in vigore è la fine del prossimo marzo e del 30 giugno per un’entrata effettiva ed efficace”.

Claudio Maria Oriolo, direttore degli Affari legali di Rete ferroviaria italiana, ha detto: “Nuovo codice? Lo salutiamo con favore, tenendo presente che ci sono 17 mila chilometri di ferrovie e fondi per 110 miliardi di opere che, se non si concludono nei tempi, rischiamo di perderli. Serve un quadro di regole per contrarre i tempi, ma anche competenze aziendali giuste per chiudere la fase esecutiva del contratto”.

 

Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità anticorruzione, ha affrontato i problemi del subappalto: “Dopo le sentenze della Corte di Giustizia, abbiamo segnalato l’esigenza di aumentare la controllabilità del subappalto, per salvaguardare correttezza e concorrenza. Quanto al contenzioso, abbiamo cominciato a far collaborare le imprese al controllo degli atti proprio per ridurre i tempi ed eliminare i ricorsi”.

 

Gabriella Palmieri Sandulli, avvocato generale dello Stato, ha rivendicato il ruolo dei propri avvocati nella stesura del nuovo codice e adattare così le normative vincolanti della Corte di giustizia europea alla legislazione dei nostri codici in materia. “Modello Genova non è replicabile tour court, ma si può modulare a singole fattispecie. E quindi, digitalizzazione, specializzazione del personale e volontà di adeguarsi in breve a un servizio qualitativo globale della Pubblica amministrazione”.

 

Carlo Martino, presidente di Confapi Puglia: “Su 1.290 pozzi per estrazione del gas, 795 sono bloccati dai partiti del no o dalla mancanza di autorizzazioni. Caro energia? Il gas che abbiamo noi costerebbe 5 centesimi rispetto ai 70 del gas russo. Potremmo estrarne 30 miliardi di metri cubi. Faccio un esempio: un impianto a Taranto per turbine eoliche nello Ionio è stato bloccato per 14 anni. Stessi tempi-record per un impianto di biomasse al nord. È la burocrazia che ferma tutto. Speriamo che il nuovo codice sblocchi le cose”.

Sticchi Damiani, presidente ACI: “Rischiamo di perdere la formula 1 a Monza.  Ci sono cento milioni stanziati per la messa in sicurezza del circuito, ma con le attuali normative e tutte le procedure previste per le gare d’appalto e l’affidamento dei lavori rischiamo di finire fuori tempo massimo. Quest’anno l’impianto ha compiuto cent’anni, è il terzo per anzianità dopo quelli di Brooklands e Indianapolis, ha sempre ospitato le gare di formula uno dalla prima del 1950 e 87 gran premi su 92 disputati. La pista, le tribune i parcheggi sono tutti all’interno del parco e della villa reale di Monza, patrimonio del nostro paese. Auspico procedure semplificate nel nuovo Codice degli appalti, che possano consentirci lavori rapidi per mettere in sicurezza tutto l’impianto e per regolare meglio il flusso pedonale  Con i tempi previsti dalle attuali normative e procedure non potremmo farcela. È un discorso che riguarda il problema più generale della sicurezza, che rientra in quello più vasto della mobilità e quindi compito dell’Aci. Sicurezza che, dopo la riduzione degli incidenti stradali dovuti alla ridotta circolazione per il Covid, sono in preoccupante ripresa soprattutto per quanto riguarda pedoni, ciclisti e monopattini”.

 


 

 

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“L’abuso di custodia cautelare è una delle piaghe della giustizia in questo paese”: lo ha detto Enrico Costa, esponente di Azione, intervistato da Davide Varì, direttore de Il Dubbio. Costa ha affrontato uno dei temi più discussi e controversi del sistema giudiziario, partendo proprio da una dichiarazione del nuovo Guardasigilli Carlo Nordio, secondo il quale ci vorrebbe un collegio di tre giudici. “Io – ha spiegato l’esponente di Azione – avevo presentato questa proposta ai tempi di Cartabia, e mi avevano detto di no. La collegialità è un elemento importante quando a rischio sono diritti importantissimi”.

Per Costa c’è un tema di responsabilizzazione del pubblico ministero. Quando un imputato viene assolto in primo e poi in secondo grado, tutto questo “deve incidere sulle valutazioni di professionalità” del magistrato inquirente. Perché, in tali casi, c’è sia un tema di ingiusta detenzione sia di presunzione di innocenza che non deve mai essere dimenticata. Inoltre, sempre secondo Costa, “non c’è nessun bavaglio alla stampa” con la riforma Cartabia, “perché le comunicazioni sulle inchieste vengono fornite per iscritto”.

L’esponente di Azione ha definito una “lacuna pesantissima”,  in tema di presunzione di innocenza, il fatto che si possa pubblicare l’ordinanza di custodia cautelare. “Lo Stato – ha precisato – deve essere in condizione di svolgere indagini, ma deve anche garantire che, se una persona entra in questo ingranaggio, deve poter tornare nella società integro come prima”. Quindi va tutelato il diritto all’oblio. Infine, il suo appello sull’abuso di ufficio: “Va eliminato”.

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27 OTTOBRE 2022

“Organizzeremo una ‘Casa delle imprese’ al ministero”

Al centro della nostra azione ci dovranno essere le imprese, le persone e i lavoratori.  Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha subito individuato – nel Faccia a faccia con il direttore del Messaggero Massimo Martinelli – il primo focus del suo dicastero. I problemi del costo energetico si risolvono trasformando l’Italia nell’hub dell’Europa per la produzione del gas: “Dieci anni fa eravamo in grado di produrre 13 miliardi di metri cubi di gas.

Oggi appena tre. E gli altri dieci li stiamo comprando dalla Russia a caro prezzo. Dobbiamo ricominciare le ricerche del gas, abbiamo già iniziative per sfruttare giacimenti nel Mediterraneo in accordo con Israele, Egitto e Cipro”. Quanto alla burocrazia italiana che distoglie gli investitori esteri dal nostro paese, Urso ha annunciato l’istituzione di un “Difensore civico delle imprese che avrà anche il potere di avocare a sé i procedimenti che ostacolano l’iter e la conclusione dei progetti delle nostre aziende”. Un altro ostacolo allo sviluppo delle nostre imprese è costituito dalle grandi nazioni che sfruttano le energie in chiave politica.

“So bene quale sia l’espansionismo economico e produttivo di stati come Russia e Cina: ebbene, gas per attaccare la nostra economia o porti da conquistare per agevolare la Via della Seta ci troveranno pronti a comportarci di conseguenza, sempre nell’ottica della sicurezza e del progresso italiano”. Urso ha spiegato anche che la visione politica dell’attuale Governo guarda ai prossimi cinque anni, sulla base di progetti ben espressi e delineati dal premier e Giorgia Meloni.

E questa visione corrisponde ai valori che fanno parte della natura e della storia della nostra nazione. Un mosaico nel quale il cittadino globale l’italiano si riconosce e riconosce nel Made in Italy il marchio storico più importante”.

 

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La scuola deve tornare ad essere un elemento centrale della società, sia per avere una formazione di qualità, sia per poter tornare alla sua vocazione di ascensore sociale, orientato al miglioramento generale dei cittadini nell’ottica dell’articolo 34 della Costituzione italiana, il quale riconosce ai più meritevoli – anche se privi di mezzi – la possibilità di raggiungere i gradi più alti degli studi. È la principale conclusione emersa dal primo convegno della terza giornata del Salone della Giustizia. All’incontro hanno partecipato Giuseppe Linares, direttore Servizio centrale Anticrimine Polizia di Stato; Alberto Michele Cisterna, magistrato, già Procuratore aggiunto della DNA; Giusy Versace, atleta paralimpica, già membro della Commissione affari sociali della Camera dei Deputati; Matilde D’Errico, autrice televisiva; Suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche; Vincenzo Nicolò, coordinatore One Hour for Europe Italia. Inoltre è stato trasmesso un video messaggio della rettrice dell’Università Sapienza di Roma, Antonella Polimeni. Il dibattito è stato moderato da Ilaria Capitani, vice direttore RAI 3.

“La formazione – ha detto nel suo videomessaggio Polimeni – è entrata in crisi, ci sono sempre più giovani Neet (non studiano, non lavorano e non cercano lavoro) con sfiducia diffusa. La scuola e l’università devono essere al centro del dialogo fra le generazioni, anche ai sensi dell’art. 34 della Costituzione, e ci deve essere un impegno orientato all’eccellenza del sapere”.

Secondo Suor Anna Monia Alfieri, c’è sia un problema di discriminazione (“quella economica è più subdola delle altre”), sia strutturale (“la scuola è stata trasformata in un postificio”). Inoltre, ha aggiunto, “lo Stato italiano è l’unico a non garantire il pluralismo educativo”. Secondo Versace, “come nello sport, la politica dovrebbe imparare a non trovare alibi. C’è bisogno di buoni esempi per i ragazzi. Il nostro compito è sensibilizzare e promuovere”.

 

La richiesta di modelli positivi è stata avanzata anche da Nicolò che, da ventenne, ha potuto offrire l’esperienza più recente come discente. “La scuola per me – ha continuato – è stata una grande opportunità ma deve recuperare la dimensione sociale”.

Linares ha dato un altro punto di vista, per spiegare anche la devianza giovanile: “I social hanno implementato le differenze e le minacce fra i ragazzi. Si è persa la prossemica nei volti a causa della pandemia. Le baby gang, che già esistevano, hanno acquistato coscienza criminale”.

 

Per Linares, quindi, non c’è “solo il bullismo ma anche la mala movida. Il Daspo ‘Willy’ è una delle misure più felici, si può applicare anche alla discriminazione razziale”. Secondo Cisterna, se comparata ad altre realtà europee, “l’Italia è un paese sicuro, dove questi fenomeni ci sono e la situazione è recuperabile”. L’investimento nella scuola, ha poi aggiunto, significa risorse maggiori risparmiate per le spese di lotta alla criminalità.

“Occorre – ha spiegato il magistrato – reinvestire nella scuola risorse per la qualità dei docenti, ci sono state troppe regolarizzazioni e pochi concorsi. I primi capaci e meritevoli devono essere proprio gli insegnanti e i docenti”.

Da parte sua D’Errico (che ha definito la scuola “una preziosa agenzia educativa”) ha evidenziato “la sfida di rendere la televisione uno strumento che parla ai giovani. La Tv, in particolare la Rai, è la più grande industria culturale in Italia e quindi – ha concluso – può ancora culturalmente incidere”.

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Claudio Filippi, garante dei dati personali, ha spiegato come tutte le informazioni che riguardano la nostra salute fanno parte del trattamento dei dati personali. La protezione deve riguardare anche la esattezza del dato.

 

 

 

Brando Benifei ha chiarito che il Parlamento europeo sta discutendo su tutti i prodotti che attengono all’intelligenza artificiale in ambito sanitario.

 

Per Luca Nicoletti il primo step per la strategia “cloud” è la classificazione a vari livelli, fino a quello della sicurezza nazionale. Non dimenticando che l’applicazione degli algoritmi non deve trascurare la correttezza.

 

Francesco Fedele ha confermato che di telemedicina si parla da anni, ma non è stata mai applicata in modo strutturale. I cardiologi sono stati facilitati dalla possibilità di controllo a distanza, solo al Policlinico Umberto primo di Roma ci sono 1.800 pazienti con 200 alert giornalieri di controllo. Fondamentale però rimane l’esigenza di avere una piattaforma unica, adesso è una babele.

 

Nicoletta Luppi ha confermato il lato positivo di poter seguire il paziente da lontano, sempre che la telemedicina agisca in condizioni di interoperabilità, altrimenti stiamo parlando di scatole vuote. La pandemia ha dimostrato che i pazienti potevano essere seguiti e monitorati anche stando a casa. Si tratta di innovazioni che in certi tipi di gravi malattie hanno consentito di raddoppiare l’esistenza in vita.

Ma la gestione dei dati non può prescindere da manager, competenze e collaborazione politica ancora insufficienti. Le informazioni debbono circolare su autostrade informative sicure e condivise.

Nicoletti è tornato sul tema della sicurezza spiegando che “I dati sono il petrolio della nostra era, migliaia di aziende si gestiscono i dati in modo proprio, poche hanno in organico esperti di cyber security. Il settore sanitario non è pronto ad autoproteggersi, oggi si bloccano con un clic gli uffici di Pronto soccorso”.

 

A livello europeo, ha confermato Benifei, ostacola molto l’obbligo di prendere tutte le decisioni all’unanimità, “c’è bisogno di equilibrio e di fiducia, altrimenti si blocca tutto e occorre ricominciare daccapo”.

Ma è assurdo che in Italia esistano 19 Sanità regionali senza una piattaforma comune e condivisa.

 

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I rapporti fra l’informazione, i pubblici ministeri e il rispetto delle garanzie per l’indagato sono stati al centro di questo dibattito. Sono intervenuti: Mario Palazzi, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma; Olimpia Monaco, magistrato addetto all’ufficio studi del CSM; Giuseppe Campanelli, docente di diritto costituzionale all’università di Pisa; Francesco Petrelli, avvocato; Fabio Santaniello, avvocato; Piero Melani Graverini, avvocato e consigliere nazionale forense; Emilio Orlando, giornalista. In collegamento da Milano Giuseppe Fornari, avvocato. Ha moderato Davide Varì, direttore del quotidiano Il Dubbio.

Secondo Monaco, “in Ue da anni si discute sul portavoce giudiziario” e, sempre rimanendo in ambito europeo, “più che un diritto, c’è un dovere del magistrato di parlare perché certi fatti meritano di essere conosciuti”. Secondo la riforma Cartabia, ha ricordato Monaco, “il Procuratore della Repubblica diventa l’unico deputato a parlare con la stampa. Potrà rilasciare comunicati stampa e, solo in casi di necessità, da motivare per iscritto, ci sarà una conferenza stampa”. Per Campanelli, siamo di fronte ad un “itinerario interpretativo costituzionale abbastanza corposo”.

Da parte sua, Palazzi ha definito la stampa “il convitato di pietra” di questa riforma. “Si è lasciata scavalcare – ha aggiunto – e poi ha protestato”. Ad ogni modo, “l’interesse pubblico alla notizia non può essere delegato al procuratore”. Nel suo intervento, Santaniello ha chiesto provocatoriamente: “La presunzione di innocenza costituisce ancora una garanzia di civiltà?”.

Per Petrelli sarebbe necessario registrare un elemento: “Si sono rotti gli equilibri fra politica e magistratura”. Da parte sua, Melani Graverini pur riconoscendo che “l’avvocatura non si è appiattita sulla normativa”, ha fatto un mea culpa, richiamandosi all’etica e al rispetto dei soggetti: “Anche gli avvocati sono stati coinvolti dalla mediaticità”. Secondo Fornari, invece, è necessario un “confronto fra magistratura, avvocatura e libera stampa”, anche perché notoriamente l’attenzione mediatica, alta nella fase delle indagini, “scompare nel dibattimento”.

Il punto di vista giornalistico è stato espresso da Orlando, il quale ha spiegato che “la stampa dovrebbe avere accesso a tutte le carte, con linee guida su come pubblicarle”. Infine, ha replicato alle accuse di ricostruzioni fantasiose spesso attribuite ai giornalisti, costantemente alla ricerca di notizie e scoop da offrire ai lettori: “Di fronte a una situazione di scarsa informazione, c’è un’alta ‘invenzione’”.

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Giustizia, Sisto: L’Italia non può permettersi guerre di religione


Dall’eliminazione del reato di abuso d’ufficio alla riforma Cartabia passando per i conflitti magistratura-politica e per le problematiche del sistema carcerario e della scrittura delle norme: sono questi alcuni dei temi affrontati da Francesco Paolo Sisto, già sottosegretario alla Giustizia nel governo guidato da Mario Draghi, intervistato da Davide Varì, direttore del quotidiano Il Dubbio, durante il “Face to face” nella terza giornata del Salone della Giustizia. Per Sisto, “Giorgia Meloni ha dato prova di essere un premier vero, puntuale nelle repliche.

Ha dimostrato stabilità individuale che poi è anche governativa. Sono stato colpito dalla rapidità con cui ha formato l’esecutivo”. In riferimento all’intervento ieri di Scarpinato lo ha definito “vintage”: “L’Italia – ha sottolineato – non si può permettere più guerre di religione”. È il momento di “dialogare e scrivere una giustizia migliore per il paese”. Sul sistema di “porte girevoli” fra magistratura e politica, Sisto ha osservato che “con la riforma dell’ordinamento giudiziario non si farà più finta di niente”.

Quanto alla possibilità di costruire nuove carceri, ciò non significa “più carcere” ma una detenzione migliore: “Ecco perché non bisogna parlare di edilizia ma di architettura carceraria. La pena deve incidere sul soggetto che ha commesso il reato, considerando anche cosa è diventato il soggetto nel frattempo”. A ogni modo, Sisto ha ricordato che “l’ambiente carcere significa anche tutelare la polizia penitenziaria”. “Il garantismo di Forza Italia – ha continuato Sisto – è noto. Berlusconi ha fatto ieri un discorso da statista consumato, segnalando la necessità di una riforma”. Poi, ricordando che la riforma Cartabia entra in vigore dal primo novembre, ha sottolineato che una delle tutele della presunzione di non colpevolezza si riscontra nel fatto che “le conferenze stampa non possono essere uno show”. Quanto all’abuso d’ufficio, l’esponente di Forza Italia ha detto che la sua eliminazione “è un pallino mio e del mio partito”. Come reato “è una sublimazione patologica dell’atto amministrativo, illegittimo per vari motivi”.

La conseguenza era la “burocrazia difensiva: ‘per timore di’, non si fa”. Il reato, ha poi osservato, “è ridotto”, ma la legge Severino obbliga la sospensione di sindaci e governatori in caso di condanna di primo grado. “La presunzione di non colpevolezza – ha rimarcato – è però fino al terzo grado di giudizio, quindi non c’è allineamento”. Per Sisto è “indispensabile raddoppiare il numero dei giudici” ma è arrivata la “stagione in cui responsabilizzare il giudice e mettere la difesa allo stesso livello dell’accusa”.

Secondo l’ex sottosegretario, “il giudice non è condizionato dal pm, e se succede significa che non è un buon giudice”. Sempre sulla presunzione di innocenza, Sisto ha detto che con i giornalisti va cercato un “punto d’intesa” affinché “l’informazione non sia deformazione”. Infine, sulla presenza di magistrati fuori ruolo in via Arenula, l’ex sottosegretario ha rigettato le appartenenze “troppo forti” e si è detto aperto ad altre professionalità “laiche”, dal momento che “le leggi si scrivono per tutti, le sentenze per il caso specifico”. “Il legislativo – ha concluso – è un techno lab delle leggi dove la provenienza diversa è un valore aggiunto a favore della qualità delle norme”.

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“Sostenibilità” sta diventando la parola chiave delle imprese a tutti i livelli in un momento di “tempesta perfetta” con inflazione e tassi d’interesse in aumento.  All’incontro hanno partecipato Marcello Minenna, economista e direttore generale Agenzia Dogane e Monopoli; Andrea Illy, presidente Illycaffè; erano collegati in diretta Maria Bianca Farina, presidente ANIA e Poste Italiane e Giovanni Tria, già ministro dell’Economia. Con un video messaggio è intervenuto Corrado Passera, amministratore delegato della Illimity Bank. Il dibattito è stato moderato da Dario Donato, giornalista economico TGCOM 24.

 

Passera ha ricordato che l’Italia è “un Paese in cui è difficile far crescere e attirare imprese da altri paesi; un tema serissimo che ha risvolti anche per l’occupazione”. Le difficoltà, ha ammonito Passera, “non devono diventare un alibi perché ci sono comunque esempi di aziende che se la giocano a livello europeo”. Da parte sua, Illy ha aggiunto un altro elemento debole, cioè “l’istruzione” nel sistema paese.

Ha poi ricordato che “un’azienda italiana ha uno zero in meno rispetto a quelle americane”. Vale a dire che l’85% sono imprese familiari, con due terzi a conduzione familiare mentre a livello mondiale questo rapporto è parametrato a un terzo. “Questo – ha osservato – è un limite alla crescita”, nonostante il Made in Italy abbia “potenzialità di crescita mostruose”.

Ad ogni modo, “la sostenibilità economica, sociale e ambientale sono interconnesse e sono un mezzo per la prosperità e non un fine. La grande sfida è la transizione ecologica verso un modello nuovo, rigenerativo”. Secondo Minenna, “la sfida dei prossimi anni è definire regole chiare su cosa è green, una regolamentazione comunitaria per farlo diventare un parametro importante”. Inoltre, la situazione economica a livello internazionale è incerta: “La politica aggressiva della Fed – ha ricordato Minenna – ha portato obtorto collo tutte le banche centrali ad aumentare i tassi di conseguenza.

La Fed sta stando le carte”. Da parte sua Tria ha osservato che “tutti gli investitori stranieri sanno che l’Italia ha ottime opportunità ma c’è il rischio legale, l’imprevedibilità dell’interpretazione e dell’applicazione delle leggi”. E ha citato il caso di una multinazionale che ha rinunciato a un grande investimento nel Lazio dopo aver atteso a lungo un’autorizzazione dal ministero dell’Ambiente. “Bisogna fare – ha sottolineato – un sistema di regole chiare entro cui le imprese possano avere certezza”.

Secondo Farina, invece, allo stato attuale, i soldi pubblici “non saranno sufficienti per riportarci ai livelli degli altri paesi; è necessario quindi affiancare risorse private”. Ha poi ricordato l’operazione di ringiovanimento in Poste Italiane, passata da quasi 140 mila dipendenti agli attuali 120 mila. “La sostenibilità – ha concluso – è intrinsecamente legata al business ed è necessario che le imprese possano trovare gli strumenti green su cui investire”.

 

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L’ultimo “Faccia a faccia” della tredicesima edizione del Salone della Giustizia ha visto Andrea Orlando, uno dei fondatori del Partito democratico, aprirsi al confronto sui temi di maggiore attualità, cominciando dal “progetto paese” presentato dal premier Giorgia Meloni. “Positiva la prima impressione per una donna premier – ha esordito Orlando – perplessità subito dopo per l’impianto di destra-destra, con rimozione significativa del ruolo e della posizione dei lavoratori. Niente su salari e precarietà. Annuncio di un condono fiscale e innalzamento del possesso di contante. Vecchio centrodestra, fasciato in involucro polacco”. Sul reddito di cittadinanza, Orlando ha sostenuto che serviva a sostenere la povertà assoluta, con un investimento di cinque miliardi di euro.

“Chi può lavorare non può fare qualsiasi tipo di lavoro. Una madre con bambino non può andare in Romagna per la stagione. E chi ha una specializzazione ma è senza lavoro, non può trasferirsi in Trentino o Lombardia per guadagnare 1.200 euro”. Passando al tema giustizia e al progetto Meloni di aumentare le strutture, Orlando ha ricordato che anche il Movimento Cinque Stelle è su queste posizioni, ma non il ministero della Giustizia. “La certezza della pena non è che deve coincidere col carcere. Noi sosteniamo le posizioni più liberali che spero si manifesteranno anche nella coalizione di destra”. “Se un esponente dell’opposizione viene applaudito dalla maggioranza, beh noi ci facciamo sempre delle domande”: questo il commento di Orlando agli applausi che il centrodestra ha riservato all’intervento di Matteo Renzi ieri al Senato.

“Noi aderiamo in Europa al campo socialista e contrastiamo chi invece trascura le sofferenze e i problemi dei lavoratori. In questo momento pre-congressuale non vediamo alleanze possibili. Se la discussione resta sulla leadership, la vedo male. Se vogliamo lanciare una ‘costituente’ e diciamo già quale dovrà essere il contenuto, non serve a nulla. Prima va risolto il tema della nostra identità, il primo passo è dire quale è il progetto e il disegno: a chi vogliamo dare una mano e contro chi fare battaglie. Occorre dare un giudizio sull’attuale base del capitalismo che valga per il piccolo artigiano, il commerciante, i professionisti alle prese con la sfida dell’intelligenza artificiale. Una forza riformista deve candidarsi a riformare questo impianto”. Se la crisi economica continua a mordere, non si possono escludere ribellione e moti di piazza.

“Il Partito democratico sta migliorando nelle adesioni dei lavoratori, dei giovani precari. Dobbiamo moltiplicare allora questa vicinanza, farci carico del lavoro povero che avanza di pari passo con l’inflazione”. Sulla guerra in Ucraina, “bisogna aiutare il paese aggredito, ma non basta. Non sono entusiasta delle posizioni in Europa del rappresentante della mia famiglia in politica estera. Possiamo aiutare il processo di pace coinvolgendo altri soggetti internazionali”.

 

 

 

 

 

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